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Era il 2005 quando nei laboratori della British University nasceva il progetto RepRap, diminutivo di replicating rapid prototyper. Il progetto consisteva nello sviluppo e creazione di una stampante 3D autoreplicante, cioè in grado di stampare pezzi di se stessa. Con una stampante se ne potevano costruire molte altre, da lì partì una fase di grande espansione di questa tecnologia. Il numero di stampanti 3D cresceva di pari passo alle aspettative sulle applicazioni della produzione additiva. In sostanza si credette erroneamente, in quei primi anni del millennio, che questa tecnologia fosse pronta a entrare nelle nostre case per generare oggetti di uso comune.
Non è stato così, la manifattura additiva ha trovato i suoi orizzonti in altro genere di applicazioni. Tuttavia oggi è ancora più certo che la stampa 3D finirà nelle nostre case, ma in altra forma. Addirittura la casa stessa potrebbe essere figlia di una stampante, ma per il momento questa è una speculazione. Quella che già sta avvenendo è piuttosto una piccola rivoluzione nel campo del design e dell’architettura, sfere in cui si esaltano alcuni dei pregi fondamentali della produzione additiva.
I vantaggi nell’ambito del design
L’interior design è uno dei campi di maggior interesse per l’evoluzione tecnica portata dalla stampa 3D. Sedute, vasellame, tavolini, lampadari, oggetti stampati nella loro totalità o abbinati a parti in materiali classici, nell’ultimo decennio il catalogo di sperimentazioni già realizzate è vastissimo. Basti pensare che nel 2017 Ikea realizzava una collezione interamente stampata, segno che seppur non di largo consumo questa tecnologia era già nella considerazione di tutti gli addetti ai lavori.
I motivi di questo interesse da parte del mondo del design sono diversi. Quello più attuale è relativo alla sostenibilità dello strumento. Di sicuro la stampa 3D non può essere definita una tecnologia green, ma certamente non inquina come i sistemi di produzione classici. Il fatto che il materiale usato venga depositato strato su strato, e che l’inutilizzato non venga mai sprecato, è già un primo punto. Poi ci sono anche dei polimeri, le polveri usate in alcune stampanti, fatte con vere e proprie sostanze biodegradabili. Pensiamo ad esempio al PLA, un polimero realizzato trattando zuccheri del mais, della barbabietola e della canna da zucchero.
Complessità dei design e customizzazione però sono i veri concetti cardine che la stampa 3D porta al mondo dell’interior. Questa tecnologia consente la progettazione di forme che prima non erano realizzabili, o che avrebbero comportato dei costi di produzione decisamente più alti. Un esempio banale: una sfera contenuta all’interno di un’altra sfera. Con la stampa 3D un oggetto del genere può essere stampato in un unica soluzione, cosa altrimenti impossibile in qualsiasi altro modo. E questo ci porta a dover considerare anche la velocità di stampa come un ulteriore plus che la manifattura additiva porta in dote alla creatività dei designer.
I vantaggi nell’ambito dell’architettura
Anche l’architettura ha diversi aspetti del lavoro che possono essere migliorati grazie alla stampa 3D. Innanzitutto c’è la base da qui partono i progetti, ovvero il plastico. I modellini solitamente vengono assemblati manualmente, più dettagli ci sono e più facilmente si riesce a figurarsi il risultato finale. Chiaramente è un lavoro che costa tempo, elemento ammortizzabile con l’utilizzo della stampa 3D: basta inviare il proprio file CAD a un service di stampa 3D ben attrezzato e attendere che il plastico arrivi in ufficio. Comodo, pratico, efficace, e vale per qualsiasi tipo di prototipazione. Tutto il tempo che si risparmia in fase di assemblaggio lo si può reinvestire nella progettazione del modellino digitale, ciò al fine di adeguare la propria idea ai limiti tecnici della produzione additiva (che sono comunque piuttosto bassi).
Altro elemento molto interessante che ha a che fare con 3D e architettura è l’utilizzo delle scansioni tridimensionali. Queste sono in grado di analizzare le forme di un oggetto e sintetizzarle in un file digitale. Va da sé che queste siano poi facilmente riproducibili e modificabili, un tool sicuramente determinante per lavori di restauro o legati a qualsiasi tipo di misurazione.
Infine c’è l’espressione più interessante della commistione tra architettura e stampa 3D che è la produzione di vere e proprie strutture architettoniche. Diciamo che per il momento esistono già esempi di piccole strutture, soprattutto elementi urbanistici, che sono stati prodotti attraverso il solo utilizzo della manifattura additiva. Più concretamente si lavoro all’utilizzo di elementi realizzati tramite questa tecnologia per portare un risparmio e un’innovazione nell’edilizia. Qui ad esempio possiamo vedere elementi di calcestruzzo con un telaio stampato in polimeri. Orizzonti molto interessanti che partono da una realtà in costante sperimentazione e che lascia ben sperare per le future applicazioni di questa tecnologia.