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Nel contesto di un processo di industrializzazione in perpetua evoluzione, l’introduzione dell’intelligenza artificiale ha apportato delle novità radicali. Comprendere la portata innovativa dell’AI è pertanto fondamentale per analizzare il nuovo orizzonte rappresentato dall’industria 5.0.

La quinta rivoluzione industriale non può e non deve però essere ridotta alla semplice implementazione di una nuova tecnologia, per quanto impattante. L’industria 5.0 è piuttosto paradigmatica di un nuovo rapporto uomo-macchina, che apre a possibilità prima solo immaginabili. Ne abbiamo parlato insieme agli esperti di Cignoli Elettroforniture.

L’interazione tra uomo e macchina in Industria 5.0

Una delle parole chiave per affrontare il tema dell’industria 5.0 è “Umano-centrismo”. Tale affermazione può sembrare in apparenza contradditoria, dal momento che il campo della robotica viene solitamente percepito come disumanizzante. Tuttavia la sfida centrale di questa nuova fase dell’industria sta proprio qui.

Lo scopo dell’industria 5.0 è rivoluzionare l’interazione uomo-macchina ponendo al centro l’essere umano. Ancor più che nell’industria 4.0, dove ad esempio l’utilizzo dei cobot aveva già modificato notevolmente il contesto del lavoro e della produzione, le macchine devono ora garantire un’esperienza personalizzata, su misura del singolo essere umano.

Ci si deve dunque muovere nella direzione di una “Physical Ai”, ovvero un’intelligenza artificiale volta allo sviluppo della dimensione fisica della tecnologia. Di questa prospettiva ha parlato Bruno Siciliano Professore di Robotica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Siciliano ha sottolineato l’importanza di umanizzare la componente attuativa delle macchine. Questo può avvenire attraverso un potenziamento delle IAT, le tecnologie di interazione, grazie ai benefici dell’AI.

Bisogna insomma andare oltre quanto teorizzato dal paradosso di Moravec. Formulato negli anni ottanta del secolo scorso da studiosi di robotica e intelligenza artificiale: questo paradosso sostiene che mentre un computer riesce a superare facilmente l’essere umano dal punto di vista del ragionamento di alto livello, è notevolmente inferiore nelle capacità sensomotorie. Per rendere l’idea, Siciliano ha affermato che mentre da un punto di vista cognitivo le IA possono andare oltre le capacità di un umano, la loro componente attuativa e motoria è paragonabile a quella di un bambino di uno o due anni.

Verso il paradigma dell’Internet of Skills

Umano-centrismo significa quindi anche umanizzare il più possibile le macchine. Nella rivoluzione portata dall’industria 5.0 confluiscono anche studi e riflessioni tipici delle scienze della vita, cognitive e umanistiche. La nuova tecnologia deve infatti tenere conto della dimensione biologica tipica dell’umano e di tutte le sue implicazioni etiche.

Come si traduce in termini pratici quanto appena detto? I risvolti più immediati sono preventivabili pensando alla possibile evoluzione di alcune tecnologie già centrali nell’industria 4.0. L’internet of things si perfezionerà fino a rendere possibile non solo la trasmissione di dati tra oggetti connessi in rete, ma anche le abilità umane. Questo avveneristico paradigma prende il nome di <strong>“Internet of Skills”(IoS)ed è qualcosa già in essere nella chirurgia robotica, dove giovani specializzandi possono utilizzare dispositivi robotici in grado di replicare le azioni fisiche complesse tipiche di un intervento chirurgico.

Un ulteriore spunto riguarda la possibilità di realizzare dei “Phygital Twin”, evolvendo il concetto di gemello digitale ibridandolo con la dimensione tattile e motoria al fine di perfezionare i test in ambiente virtuale. Ovviamente un approccio simile richiede il supporto della connessione rapida 5G, destinata a essere la tecnologia abilitante dell’ IoS.

L’affermazione reale dell’industria 5.0 passa pertanto attraverso la realizzazione dei principi dell’ “Embodiement”. Questo concetto, caro alla filosofia della mente e alle neuroscienze, presuppone che non è possibile concepire l’intelligenza come un fenomeno puramente cognitivo, ma come qualcosa di emergente dall’interazione complessa del sistema corpo-mente. In tal senso il supporto dell’AI deve essere inteso non come un semplice miglioramento delle capacità di computazione o trasmissione dei dati da parte di macchinari e tecnologie, ma piuttosto come il punto di svolta nello sviluppo delle loro possibilità sensomotorie, fin qui solo parzialmente esplorate.

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