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Coltivare cannabis in contesti domestici è una scelta sempre più diffusa. Nel momento in cui la si chiama in causa, è necessario citare la tendenza, frequente tra chi decide di comprare semi di cannabis online, di focalizzarsi sugli autofiorenti. Nel momento in cui si decide di acquistarli, si ha alle spalle, quasi sempre, la volontà di portarsi a casa dei semi facili da gestire. Tutto vero. Esistono però alcune accortezze che è bene prendere in considerazione, delle cose da sapere per successo con il proprio raccolto. Nelle prossime righe, ne abbiamo elencate sei.
La gestione della luce
Quando si parla dei semi di cannabis autofiorenti, si inquadrano delle sementi che non hanno carattere fotoperiodico. Il principale punto di riferimento per la loro crescita non è quindi la luce, ma l’età della pianta. Nonostante questo, il nodo dell’illuminazione non può essere completamente lasciato in secondo piano. Esistono diversi cicli da prendere come punto di riferimento.
Qual è il migliore? In seno alla community dei breeder ferve il dibattito in merito. In linea di massima, si tende a considerare come opzione più efficace lo schema 18/6. Quali sono i suoi vantaggi? Prima di tutto l’esposizione a un’importante quantità di luce, il che implica maggiore energia per le piantine. Il ciclo 18/6 per la cannabis autofiorente è altresì associato a rendimenti più consistenti e a un costo ridotto per quel che concerne l’illuminazione (aspetto che, in questo periodo di caro energia, è indubbiamente interessante).
Inoltre, con il ciclo di luce 18/6, se si coltiva in spazi indoor, è possibile coltivare, nella medesima growbox, anche piante fotoperiodiche.
Non rinvasare
Quando si parla di cannabis autofiorente, ci sono delle regole ferree da rispettare. In questo novero, troviamo il fatto di non rinvasare le piantine. Questa operazione, infatti, sarebbe per loro troppo stressante. Considerando la rapidità di crescita che le contraddistingue, non avrebbero tempo sufficiente per riprendersi dal trauma.
Le tecniche di germinazione
Un aspetto a cui fare attenzione nel momento in cui si decide di coltivare cannabis autofiorente riguarda le tecniche di germinazione. Sono diversi i breeder esperti che sconsigliano di far germinare i semi nella carta igienica o nel cotone. Come mai? Perché c’è un forte rischio che la radice possa rompersi o impigliarsi.
Un orientamento molto diffuso è quello che vede in primo piano il ricorso alla carta da cucina, che deve essere inumidita. Fondamentale è posizionare i semi su un piatto, da collocare poi in un ambiente buio e non troppo caldo. La temperatura massima, se possibile, dovrebbe essere attorno ai 24°C.
Nel corso dei giorni di germinazione, è bene spruzzare la carta inumidita con dell’acqua.
La capacità del vaso
Torniamo a parlare del tema vasi che, come già specificato, quando si coltiva cannabis autofiorente dovrebbero essere quelli definitivi. Come regolarsi con la capacità? L’ideale per permettere alle radici di svilupparsi adeguatamente è un vaso compreso tra i 7 e i 14/15 litri.
L’altezza ridotta
Una delle prime cose che si vengono a sapere quando ci si informa in merito alle caratteristiche della cannabis autofiorente riguarda l’altezza ridotta delle piantine. Queste ultime, in alcuni casi, possono arrivare anche a soli 30 centimetri. Questa peculiarità le rende ideali per le coltivazioni indoor in contesti come gli armadi, opzione molto apprezzata da chi ha poco spazio in casa o, per motivi di budget, non ha la possibilità di acquistare una grow box di qualità.
La soluzione per ovviare al problema della resa bassa
Le piante di cannabis autofiorente, a causa della loro rapidità di crescita, permettono di apprezzare una resa inferiore rispetto alle fotoperiodiche. A questo problema si può però ovviare facilmente. In che modo? Adottando l’approccio della semina a cicli di due settimane.